I rischi della cellulite: diabete e altre malattie
Il ruolo delle chemochine nell’insulino-resistenza
Studi recenti affermano che gli accumuli adiposi, associati acellulite, rilasciano sostanze che causano malattie. Come se il grasso, di per sé, non desse abbastanza noie!
Rispetto agli individui normo peso, il tessuto grasso di quelli in sovrappeso produce alte quantità di una chemochina chiamata MCP-1, e i topi che producono alti livelli di questa proteina sviluppano resistenza all'insulina, fenomeno precursore del diabete.
Grazie alle innumerevoli ricerche in campo metabolico, negli ultimi anni, gli esperti del settore si sono convinti che l’adipe (comunemente definita grasso) è molto più di un semplice tessuto.
Per dimostrarlo, dei ricercatori dell'Università di Kobe, in Giappone, hanno modificato geneticamente dei topi per far in modo che producessero livelli molto alti di MCP-1.
Così, hanno scoperto che questi topi sviluppano rapidamente insulino-resistenza e accumulano grasso nel fegato, il che porta a livelli elevati di colesterolo.
Il team ha anche prodotto topi che non producono affatto la proteina MCP-1 e hanno osservato che, a differenza dei primi, questi ultimimostrano una minore resistenza all'insulina.
Infine, come pubblicato sulla rivista “Journal of ClinicalInvestigation”, il blocco dell'attività di MCP-1 in topi normali e in topi in sovrappeso sembra rallentare la resistenza all'insulina, riducendo così il rischio di diabete.
Gli esperti ritengono che MCP-1 non sia l'unica molecola responsabile della resistenza all'insulina e i ricercatori di tutto il mondo stanno lavorando per scoprirne di nuove.
Tutti speriamo che le nuove scoperte porteranno a migliori farmaci per il trattamento del diabete. "È certamente una possibilità interessante", afferma Philip Kern dell'Università dell'Arkansas. Ma, dice, lo sviluppo di farmaci potrebbe essere complicato: MCP-1 svolge un ruolo importante nella lotta contro lesioni, infezioni e cancro, quindi un farmaco che blocca le azioni di MCP-1 porterebbe a effetti collaterali indesiderati. C’è ancora tanto lavoro da fare ma le ricerche di certo non si fermano.
Dalla fonte: Plumping Your Way to Disease. Science 2006